TED è un magnifico modo di diffondere idee. E il dialogo è un bellissimo modo di confrontarle. TEDxLAKECOMO mi ha recentemente invitato a dialogare con Carlo Rovelli, fisico teorico, su incertezza, irrazionalità e il valore delle scienza. Ne è venuto fuori questo:*
Matteo M: Siamo irrazionali: siamo disposti a sottoporci a un'operazione se ci viene prospettata una probabilità di sopravvivenza dell'80 per cento, mentre rifiutiamo la stessa operazione se ci viene detto che questa comporta un rischio di morte del 20 per cento.
Carlo R: Certo che siamo irrazionali: crediamo che esistano le sfere cristalline nel cielo, l'etere, e che le equazioni di Newton siano esatte e universali.
MM: Però c'è del metodo nella nostra follia: la nostra irrazionalità può essere investigata e catturata in maniera empirica, "scientifica"; e pertanto compresa – sfiorando il paradosso - in modo "razionale".
CR: Vuoi dire che usando la testa con attenzione possiamo dunque difenderci persino da noi stessi?
MM: Sì, a patto di imparare a decidere meglio – quando necessario – concedendoci il tempo di dispiegare le capacità di elaborazione dei lobi prefrontali, e non in pochi millesimi affidandoci solo all’istinto e all’intuito del nostro sistema limbico.
CR: Eppure facciamo scelte "irrazionali" anche dopo aver riflettuto a lungo. Sei sicuro che la "giusta conclusione razionale" o la “giusta scelta razionale" esistano sempre?
MM: Sì, almeno nel contesto di una modellizzazione e di una definizione univoca degli obiettivi.
CR: Esatto. Ma non è possibile costringere le scelte vere della nostra vita individuale e collettiva, così come il nostro bisogno di conoscere, in una formalizzazione, perché non disponiamo mai di tutti i dati, né è possibile determinarne in maniera univoca gli obiettivi: come diceva Bob Kennedy, il Pil aumenta anche grazie alla pubblicità delle sigarette, alla produzione di testate nucleari, alla costruzione di carceri e alla distruzione della foreste.
MM: Se non ci è possibile individuare sempre la scelta "razionale", possiamo però imparare come e perché facciamo scelte chiaramente irrazionali.
CR: Eppure talvolta anche le scelte "irrazionali" si rivelano lungimiranti, perché erano state giudicate tali all'interno di un modello incompleto. Per esempio la nostra propensione a scegliere in base a una probabilità dell'80 per cento di sopravvivere e anche, con risultato opposto, in base a una del 20 per cento di morire potrebbe non essere affatto così irrazionale: proprio perché minimizza la nostra ansia.
MM. Se ti riferisci ai trucchi con cui la nostra mente si auto-inganna di continuo per far fronte all’ orrore dell’incertezza, come potrei non essere d’accordo. Dopotutto conosci uno scienziato che preferirebbe avere torto invece che ragione? Che si alza la mattina per tentare di falsificare la propria teoria invece che di confermarla?
CR: Siamo al punto: come distinguere le certezze condivise che funzionano bene e quindi andrebbero difese, da quelle che invece ci annebbiano la vista e ci impediscono di capire meglio, o di decidere meglio?
MM: Se la metti così, sembra che si sia costretti a stare nel buio, che non si possa mai essere certi di nulla, che in fondo tutti potrebbero avere ragione…
CR: … e come dice il Papa, che l'unica alternativa al relativismo sia accettare certezze venute dal Cielo! Piuttosto che il dubbio, meglio le false credenze?
MM: Per la nostra mente limitata e fallibile, sembrerebbe proprio così. Siamo al punto o siamo in un vicolo cieco?
CR: Questo dialogo non va da nessuna parte?
MM: E se fosse proprio il “dialogo” la soluzione?
CR: …?
MM: Il dialogo è lo strumento attraverso il quale le certezze si mettono a confronto con opinioni diverse, si librano per così dire nell’incertezza, rendono più accettabile l’inconclusività delle conclusioni.
CR: Prima hai detto che forse non sappiamo sempre individuare la scelta "razionale", ma che possiamo imparare a riconoscere in quale modo e perché facciamo scelte chiaramente irrazionali. Il relativismo è una posizione sciocca, perché intende erroneamente l'apertura verso la possibilità di sbagliarsi (del tutto opportuna) come impossibilità di sapere che ci sbagliamo.
MM: Noi non parliamo per affermare punti di vista diversi: parliamo piuttosto per confrontarli e per verificarne l'eventuale irrazionalità.
CR: Per esempio le discussioni fra i politici alla tivù…
MM: …. beh, non tutti gli scambi di parole sono dialoghi!
CR: Quando il dialogo è un dialogo, ci può portare a cambiare una nostra idea, a riconoscere un errore, e a imparare. A scoprire che le sfere cristalline non esistono, che perfino le equazioni di Newton possono essere insufficienti, che forse ci conviene correre un rischio del 20 per cento e farci operare…
MM: La razionalità forse non dà certezze, ma certo libera da errori evidenti.
CR: Se è così, la garanzia migliore cha abbiamo contro i disastri causati dalla nostra stessa irrazionalità è essere consapevoli di non avere certezze.
MM: Un filosofo della scienza che credo caro a entrambi era solito dire che “la certezza, lungi dall’essere un segno di successo, è solo un sintomo di mancanza di inventiva e di povertà concettuale”.
CR: E già: “la virtù di una dimostrazione non sta
nell’affermare una credenza, ma nel suggerire dei dubbi”. Penso infatti che rifuggire dal relativismo sposando acriticamente delle certezze sia una risposta impropria al problema della verità, piuttosto vale il contrario: possiamo evitare errori solo accettando di mettere in dubbio ogni nostra certezza.
MM: Non posso essere più d’accordo. La certezza è assurda; ma attenzione perché l’incertezza è psicologicamente scomoda. La nostra mente la aborre di continuo, salta frettolosamente a conclusioni, inferisce troppo da troppo poco, vede ordine dove ordine non c’è, impone relazioni causali dove c’è solo il caso.
CR: Siamo liberi. Possiamo optare per le certezze false ma rassicuranti e per gli errori che ne conseguono, oppure accettare l'incertezza e il continuo lavorio del dubbio, che ci permette di compiere scelte più efficaci rispetto ai nostri obiettivi e di conoscere sempre meglio il mondo intorno a noi.
MM: Scelgo la seconda; ma non sottovaluto la grandezza della sfida …
CR … chè è poi la grandezza della scienza: l’unica impresa umana che non è credibile perché offre risposte certe ma proprio perché invita tutti a mostrarne l’incertezza.
MM: E quindi a cambiare idea, appunto, dialogando…
*dalla Domenica del Sole24ore 3 dicembre 2012